Ho voluto dedicare uno spazio ad una gemma che non c’è più fisicamente, ma che continuerà a brillare per tanto tempo ancora, Giuliana Traverso è scomparsa alcuni giorni or sono, lasciando una traccia profonda nella fotografia italiana.
Nel 2019, nell’ambito di Milano Photo Week, ho avuto occasione di visitare una sua mostra, “L’eclettismo come stile“, una parte di un suo importante lavoro, e in quell’occasione sono stato risucchiato in un vortice cromatico esplosivo; ho portato con me alcuni scatti, orribili fotograficamente parlando, ma che mi sono serviti, e che onservo gelosamente, per ricordare le sensazioni di quella visita. Questi miei scatti, densi dei colori di Giuliana Traverso, li trovate nelle slide qua sotto.
A seguire ho inserito tre scritti di diversa impostazione: uno artistico a tutto tondo, a firma di Philippe Daverio, uno intimo e struggente, dalla penna di Elisabetta Moschetto De Wan, ed uno più prettamente fotografico, curato da Orietta Bay. Aggiungo alcuni link per chi vuole approfondire minimamente la sua personalità e la sua fotografia.

Giuliana Traverso in un ritratto di Elisabetta Moschetto De Wan

Philippe Daverio – Prefazione al volume “Donna fotografa – Giuliana Traverso conversa con Vivetta Valacca”
Giuliana Traverso è dal tempo d’una vita che fotografa. Ma è pure dal tempo d’una vita che insegna a fotografare. Per lei una pratica discende naturalmente dall’altra e ne è a sua volta causa successiva: l’insegnamento non è mai un percorso a senso unico, forma chi apprende e riforma chi insegna. Plasma e riplasma. Ed è quasi sicuro che la consapevolezza che le è pervenuta dalle riflessioni necessarie alla didattica sia alla base della coscienza che ha negli anni elaborato sul significato e sulla pratica dell’arte fotografica. Prima di tutto, prima dello sviluppo della pellicola, prima del gesto istintivo o ragionato dello scatto, prima dell’impostazione delle inquadrature, viene la capacità di guardare.
Il fotografo è prima di tutto il portatore sano d’un occhio capace di guardare il mondo infinito e magico delle cose e degli esseri. Sicché un gatto non è solo un animale domestico da accarezzare, è un felino che si muove, si stende, riposa, si posa. E solo se si indaga il suo movimento prima di decidere lo scatto, si raggiunge il fine utile.
Giuliana Traverso ha la capacità magica di trovare la magia, non di generarla, il che ne farebbe una maga e non una antropologa poetica. Ha la capacità non di vedere ma di guardare, di scovare, e in questa sua ottica, sia mentale che meccanica, di fermare l’immagine. La fotografa ferma l’istante; e l’istante, si sa, non esiste, non è afferrabile. In questo dilemma fra l’istante che non può essere e il fermo immagine che diventa concreto sta tutta l’ambiguità del suo operare. Ma la nostra coscienza, a sua volta, ferma l’immagine, la scolpisce nella memoria.
La questione della coscienza e la questione dello scatto sono similari. Lo scatto deve quindi apprendere dalla coscienza a discerne il fondamentale dal futile, se vuole diventare utile alla rappresentazione o alla narrazione. Così nasce la fotografa che non voglia da un lato essere immagine di natura morta e ferma e dall’altro non si limiti ad essere mero fermo immagini della vita, dell’esistere, del perdurare e del consumarsi. Diavoleria vera e propria quindi. Diavoleria bonaria s’intende.
In questo senso il sunto della questione era già stato intuito da Goethe quando scrisse il giuramento del dottor Faust a Mefistofele: Werd’ich zum Augenblicke sagen: Verweile doch, du bist so schön (Se dirò in un batter d’occhio: dura all’infinito, che sei così bello, allora il mio compito sarà ultimato). E’ nel far durare all’infinito lo spazio senza dimensione dell’istante che sta il segreto del mestiere. E’ nel cogliere l’istante fuggitivo che sta la pulsione poetica. Ci vuole fortuna nella vita, fortuna e talento, talento e abilità. La fortuna e il talento sono doni divini, l’abilità è frutto dell’applicazione.

Elisabetta Moschetto De Wan
Cara Giuliana,
dieci giorni fa ho provato a chiamarti, ma non potevi parlare. Speravo di riuscire a salutarti, di poter scambiare le nostre quattro parole, un po’ serie e un po’ scherzose. Quattro parole che finivano sempre con un “ti voglio bene”.
La distanza pesava a tutte e due…
Avevi la capacità di guardare il mondo con occhi curiosi, da fotografa, da artista e da donna e quello sguardo ha allargato il mio in un modo che non credevo possibile.
Conservo con cura le mie fotografie dove tu avevi messo le crocette, crocette che erano il tuo giudizio severo, ma amorevole. Un giudizio che serviva ad andare oltre la banalità e la timidezza. Mi hai fatto amare la fotografia e mi hai fatto amare il mondo, con tutte le sue stranezze e le sue incongruenze.
Ricordo ogni istante trascorso con te, di persona o a distanza. Ricordo ogni parola, ogni sguardo, ogni silenzio.
Ricordo il nostro viaggio.
Ricordo le tue fragilità e la tua forza.
Oggi avrei voluto essere con te e tenerti la mano mentre passavi oltre. Non so cosa sia successo, non ancora, ma ha poca importanza. Tu non ci sei più.
Hai dato più di quanto hai ricevuto.
Ciao Giuliana, ciao Maestra… ti voglio bene.

Orietta BayIl Colore Lacerante (1994)
Giuliana Traverso è considerata, da critici ed appassionati, una grande fotografa bianco-nerista per la sua forte propensione ad esprimersi, nella maggior parte delle sue opere, rifuggendo dalle possibili “distrazioni cromatiche” del colore.
Guidata da una naturale inclinazione, che la porta a scandagliare le sensazioni più profonde, si è affidata quasi sempre al bianco e nero per raccontare e raccontarsi.
Essendo però sperimentatrice sempre in evoluzione non si poteva sentire costretta in uno stereotipo, ma le premeva l’esigenza, come un bisogno forte, di inoltrarsi in percorsi nuovi, personali ma in transito verso l’universale, cercando di coinvolgere tutti.
Per questo non si accontenta e inizia una momentanea sfida con se stessa per proporci immagini adatte a riportare alla luce un universo di sentimenti e passioni e attraverso una sorta di corto-circuito del colore esprimerli in modo nuovo e penetrante, quasi a trascinarci in un vortice.
Nasce così un’opera fortemente simbolica e creativa nella quale l’autrice si serve del colore “tout court”, “colore lacerante” come recita il titolo, per introdurci in un mondo suo, posto tra fantasia e sogno, alla ricerca di una realtà altra, immaginata e originale che, lasciando il realismo, si avventura in un coraggiosa ed efficace ricerca espressiva e lo fa agganciandosi ad una simbologia chiara e di immediatezza visiva.
Sono immagini poetiche ed emozionali che ci immergono in un’atmosfera in grado di evocare sentimenti e sensazioni che ci seguono in tutto il lavoro.
Ci sentiamo avvolti nella fragranza di profumi che la natura espande, in un trionfo di fiori o nebbie novembrine, attirati dal volo di uno splendido rapace che domina il cielo o elevati verso il sublime da un angelo ad indicarci una via. Richiami alla natura umana, alle difficoltà del vivere, alle nostre paure, ai bisogni di sicurezza di un tempo che scorre troppo veloce, ma anche alla gioia esplosiva di due labbra rosso fuoco che ci affascinano o alla dolcezza di un viso amorevole ed enigmatico.
Sentiamo, attraverso gli straordinari effetti cromatici che scandiscono questo lavoro, fatto di creatività ed immaginazione, tutta la forza rivelatrice di una fotografia che riesce ad amplificare la dimensione evocativa del suo raccontare attraverso una poetica che trasforma e rinnova le cose, le ricrea e ce le porge elevandole.
Un’opera tecnicamente coraggiosa e complessa perché realizzata in un momento ancora un poco lontano dallo sviluppo accelerato dell’elaborazione digitale e ottenuta con procedimento manuale.
Opera innovativa che nasce, e l’autrice propone, in uno scenario culturale dove la fotografia era particolarmente intesa come rappresentazione realistica e il concetto di “bello fotografico” molto incentrato sulle regole compositive.
Come dicevamo una sfida che la Traverso ha lanciato a se stessa per non sentirsi mai statica, farci partecipi del continuo evolversi del suo percorso fotografico e sottolineare come l’incessante spirito di ricerca sia base di ogni artista.
La stessa Giuliana Traverso, ancor oggi, si spiega ripetendo una frase, da Lei sentita e condivisa, di Lisette Model: “ragazzi ho appena cominciato”.

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